Dai diamanti no, ma dalle discariche nasce qualcosa, e dalle mani abili e creative di Toni D’Alessandro, ex-assessore alle Politiche Giovanili e alla Comunicazione di Tracavò Siccomario, in quella zona tra il Ticino e il Po da lui chiamata Mesopotamia d’Italia, nello specifico nascono opere d’arte.
Da un anno a questa parte Toni, tedesco di nascita, di adozione abruzzese e migrante per amore nel pavese, investe il tempo lasciatogli dalla sua attività di videomaker a un tipo di archeologia insolita. Si munisce di guanti e scarpe antinfortunistiche e si inoltra nel paesaggio mutevole di una discarica industriale a cielo aperto. Va a caccia di pezzi che racchiudano una loro intrinseca bellezza per progettare chirurgicamente un’operazione che possa dar loro una nuova vita.
Così nasce Errormaker perché, ci spiega Toni, “nell’errore c’è un grande insegnamento. Sbagliando impari. Sembra una banalità ma non lo è. Non voglio perdere il vizio di sbagliare. Io applico un errore anche se non c’è. Non è strutturale o di funzionamento, però metto sempre un errore nelle mie creazioni. Vorrei che l’uomo non diventasse un automa che non sbaglia mai, perché l’errore umanizza e insegna tantissimo”.
Il progetto, ci racconta D’Alessandro, “è di portare a consapevolezza le persone che si trovano di fronte a un oggetto che era destinato a tornare in circolo una volta sciolto. Invece io voglio mandare un messaggio che si può comunque rigenerare e ricreare un qualcosa senza necessariamente sprecare altra energia, perché questo pianeta ne ha bisogno tanta, e più ne risparmiamo e meglio è. Voglio comunicare che si possono creare cose belle senza sprecare energie”.
E di energie non ne ha sprecate neanche nella costruzione del suo laboratorio: un vecchio fienile malmesso concessogli in uso da una vicina, che ha attrezzato recuperando vecchie porte e finestre, pareti in cartongesso e sanando le falle del tetto. Del resto le 5R del raccolgo, recupero, riciclo, riuso e riduco qui si arricchiscono ulteriormente con il rinnovo, rivoluziono e ricreo.
Il bacio dell’automa consapevole è la sua creatura più amata. Una raffinata signorina creata da vecchi stampi per scarpe, molle di valvole di camion e un colapasta che ha il pregio di diffondere una coreografia di luci merlettate che danno l’idea di provenire da una mente illuminata e perciò illuminante, non dando più la possibilità di scindere tra l’essenza del creatore e della creatura.
“Sono l’Indiana Jones dello scarto industriale”, ride di sé D’Alessandro. “Quando mi sono imbattuto in una montagna di stampi per scarpe ho visto subito delle forme femminili che mi hanno fatto venire l’idea di un bacio in punta di piedi. Ho piegato le forme per creare una postura protesa e ho capito che se il bacio rende umano allora anche l’automa diventa consapevole”.
Quando Toni va a caccia di tesori nella discarica, si fa guidare dalla necessità di trovare metalli che si possano saldare insieme e dalla bellezza degli oggetti: “Dico, che bello questo pezzo, ma non so ancora cosa farne; non so ancora cosa diventerà”. Lo prende e la prima cosa che fa lo pulisce perché, spiega: “Non tolgo il vissuto dall’oggetto, ma solo lo sporco”. Così Niccolò Carosio, un orologio nato da una ruota di bicicletta da bambino, racconta ancora i colpi presi contro ai marciapiedi mentre imparava ad andare sulla due ruote, e ora irradia luce multidimensionale.
Tutte le sue opere, dagli orologi alle lampade, che vedono rinascere un vecchio sax e una tromba stonata, e rivivere molle industriali e manometri, sono curate con criteri di sostenibilità e unicità. Le lampadine utilizzate sono a led 12 volt di bassissimo consumo e il design tiene rispettosamente in considerazione l’utente, che non deve incontrare difficoltà neanche a cambiare la lampadina. Tutti sono tenuti nel debito rispetto. “La discarica per me diventa una livella, come diceva Totò”, ci spiega Toni. “Una volta che passi quel cancello, non importa cosa hai fatto da vivo. A questi pezzi do un indirizzo diverso. Torni ad essere il metallo che eri. Non c’è più il concetto di campana o idrante o checchessia. Nasce una nuova vita con una nuova funzione”
Anche i gestori della discarica sono orgogliosi che prenda dei pezzi e li trasformi in qualcosa che illumini. Il fatto che Toni prediliga costruire lampade è simbolico: ”che illuminino è una conditio sine qua non” dice, “e anche il nome è scelto per dare un messaggio”. E infatti troviamo Quarto raggio, Niccolò Carosio, Il mio Amico FL, Non una di meno, Kampalampone, Kampalaptwo che hanno tutte una storia da raccontare e un messaggio da dare.
Ogni opera di D’Alessandro è unica e irripetibile. “Voglio specializzarmi nella branca del riciclo industriale”, afferma, “così ho la certezza di non trovare qualcuno che faccia pezzi uguali a me. Faccio pezzi unici per gioco forza, perché non troverò mai due tappi di un filtro automatico Everest per fare il basamento di Non una di meno, e farne una copia. È impossibile”.
Mentre crea con le mani nuove vite, Toni riflette su come potrebbe essere prospero il mondo se tutti facessero come lui, cercando di buttare il meno possibile e riutilizzando ciò che ancora funziona: riscaldare la pasta, non buttare il pane vecchio, avere rispetto del posto in cui si vive e non riempire le nostre vite di superfluo. Ed è una filosofia che tutti condividiamo. In questi giorni lo trovate alla Fabbrica del Vapore, in occasione del Salone del Mobile.
Simona Valesi