La meccanica quantistica rappresenta uno degli ambiti più affascinanti di tutta la fisica perchè costringe gli scienziati a prendere in considerazione l’esistenza di nuove possibilità come il teletrasporto, la crittografia quantistica e la possibilità di realizzare calcolatori quantistici. Non c’è bisogno di possedere conoscenze specialistiche per rendersi conto del fatto che alcuni fenomeni come l’entanglement contraddicono il senso comune facendo vacillare paradigmi, visioni del mondo e leggi che noi diamo per scontate.
Il termine entanglement (che tradotto significa groviglio, intreccio) fu introdotto da Erwin Schrodinger nel 1935 nella recensione di un articolo sul paradosso Einstein-Podolsky-Rosen (EPR). E’ basato sull’assunzione che gli stati quantici di due particelle microscopiche A e B inizialmente interagenti, possano legarsi tra loro in modo tale che, anche quando vengono poste a grande distanza, la modifica dello stato quantico della particella A ha un effetto immediato sullo stato quantico della particella B determinando quello che Einstein ha chiamato azione spettrale a distanza(spooky action at distance). Ciò implica che le proprietà di due elettroni entangled siano indissolubili e che non si può prescindere dalla connessione che li lega quando si vogliono definire ed analizzare le loro proprietà. La cosa più stupefacente è che di fatto vengono violate tutte le regole previste da Einstein sulla massima velocità di propagazione di un’informazione che ad oggi è considerata pari a quella della luce. Secondo la logica comune l’effetto si può osservare solo dopo il verificarsi dell’evento che lo causa. Nella teoria quantistica si può osservare un effetto prima o contemporaneamente all’evento che lo causa.
Questa sorprendente scoperta richiama alla mente la teoria della risonanza e dei campi morfici del celebre biologo Rupert Sheldrake secondo cui gli individui di ogni specie, siano essi uomini animali o piante, sono in relazione sia con i membri attuali della propria specie sia con i membri passati. Esisterebbe una sorta di memoria collettiva, una banca dati comune a cui l’individuo attinge e che guida la morfogenesi.
La teoria di Sheldrake è corroborata anche dalla psicologia analitica dello psichiatra e psicoanalista Carl Gustave Jung. In trasformazioni e simboli della libido Jung riporta il contenuto delle allucinazioni di alcuni pazienti schizofrenici senza alcuna scolarizzazione né cultura notando che nei deliri erano presenti miti ed elementi passati che i pazienti non potevano né aver vissuto in prima persona né aver acquisito. «Per l’esperienza psicologica questi sono i contenuti archetipici dell’inconscio collettivo, i resti uguali in tutti gli uomini, di un’umanità antichissima, il patrimonio comune ereditario e intatto da ogni differenziazione ed evoluzione donato agli uomini al pari della luce e del sole e dell’aria». Jung parla dell’esistenza di immagini primordiali, insite in ogni individuo, dell’esperienza sedimentata degli avi che giace in ognuno ed è bagaglio ontogenetico e filogenetico.
Ognuno con i suoi pensieri, i suoi atteggiamenti, le sue esperienze mistiche favorisce l’evoluzione della specie contribuendo all’apprendimento collettivo e alla creazione di nuove abitudini. Secondo la teoria della risonanza morfica gli stati mentali degli individui possono essere trasmessi da un individuo all’altro in virtù della comune appartenenza ad un gruppo e delle similarità che da ciò derivano. Negli ultimi 30 anni di ricerca Sheldrake ha dimostrato che se un individuo di una specie sviluppa un’abitudine o se fa sue nuove nozioni seguirà un’evoluzione dei modelli di pensiero e di comportamento della specie intera.
In un celebre studio notò che quando un gruppo di scimmie che vivevano in prossimità del sud del Pacifico imparavano a sbucciare le patate prima di mangiarle, l’informazione si trasferiva rapidamente anche ad altri gruppi di scimmie(appartenenti alla stessa specie) che vivevano nelle isole giapponesi. Come se l’informazione acquisita da un solo membro si fosse trasferita a tutti gli altri.
Anche l’esperimento relativo all’effetto Maharishi è una prova a favore dell’esistenza di una coscienza collettiva. E’stato dimostrato che nelle città in cui almeno l’1% della popolazione praticava assiduamente la meditazione il tasso di criminalità diminuiva. L’esperimento è stato riprodotto moltissime volte con il medesimo risultato.
La tradizione sanscrita fa riferimento alla Akasha, la memoria dell’universo nota anche come la mente di Dio. Una gigantesca biblioteca cosmica in cui tutto il passato, il presente e il futuro è scritto. Contiene la memoria animica di ogni essere vivente. Per ognuno c’è un registro personale su cui è meticolosamente annotato ogni sentimento, ogni pensiero, ogni azione, ogni battito di ciglia. Anche la bibbia fa riferimento al libro della vita. Akasha significa spazio o etere. Secondo la tradizione sanscrita da essa tutto scaturisce e tutto ritorna. L’akasha è il sole, la luna, le stelle, l’aria, gli animali, gli esseri umani. Contiene tutte le possibilità future in accordo con tutto ciò che può essere modificato grazie al libero arbitrio. Ogni invenzione, ogni scoperta deriva in realtà dalla connessione con l’Akasha.
Il termine ispirazione rimanda alla tradizione della Grecia classica e letteralmente significa «respirare su». Questo fenomeno sarebbe connesso all’opera di un’entità soprannaturale che rivela all’uomo verità precluse ai più. Molti artisti sperimentano uno stato irrazionale e inspiegabile di estro, di esplosione creativa. Secondo il pensiero greco un poeta era ispirato quando cadeva in estasi e veniva condotto al di fuori della sua mente, a contatto con i pensieri di Dio. Il filosofo John Locke descrisse l’ispirazione come un eco di idee che si richiamano a vicenda.
Tutte le Scienze fisiche sembrano convergere verso la dimostrazione dell’esistenza di un progetto comune a tutta l’umanità. Il disegno di vita di ognuno è inestricabilmente connesso al piano di vita di tutti gli altri.
A un certo punto nella storia si è verificata una scissione netta tra Scienza e Religione. I mistici spesso si perdono in una visione troppo ampia che se non supportata dagli strumenti della logica diventa confusione e porta a perdere di vista il particolare e il terreno pratico. Gli uomini di scienza si agganciano fermamente al dettaglio, ad un paradigma materialista e meccanicistico non prendendo in considerazione una visione panoramica e una concezione più umana e meno sterile. Immaginate quale portentoso corredo di strumenti potremo avere a disposizione se solo lavorassimo per favorire un’integrazione tra questi due differenti punti di vista sul medesimo oggetto. Mentre scrivo mi si forma innanzi agli occhi un uroboro rosso fiammante. L’uroboro nel pensiero di Friederich Nietzsche rimanda alla teoria dell’eterno ritorno dell’uguale. Immagino di tornare agli albori, ai tempi in cui Scienza e Religione erano considerate due facce della stessa medaglia. Lo Spirito anima la Materia e la Materia sostiene e permette l’espressione dello Spirito. Il tempo in cui i medici erano anche sacerdoti.
Iolanda Della Monica