Come hai trascorso questo periodo di lockdown?

Per me è stato un periodo estremamente intenso che ha alternato due esperienze molto diverse.

Innanzitutto è stato come un ritiro, penso che tutte le persone che hanno praticato, che sono state in un ritiro di meditazione abbiamo trovato delle analogie, delle similitudini, dei contesti molto simili, non solo fermarsi fuori ma fermarsi soprattutto dentro, avere la capacità e la possibilità di ascoltarsi in profondità.

Durante questo periodo io ho passato dei momenti in cui ho lasciato entrare empaticamente, ho empatizzato col dolore, col lutto, con la sofferenza delle persone, anche perché siamo stati molto vicini, siamo entrati in alcuni ospedali con un progetto di sostegno gratuito al personale medico e sanitario, ci siamo avvicinati a quello che stava accadendo anche relativamente ai processi di lutto, di elaborazione del dolore, della sofferenza.

Ho vissuto dei momenti in cui ho lasciato entrare profondamente questo dolore in me senza resistere, e sono stati momenti di grande sconforto, ma non ho resistito, non li ho rifiutati, li ho semplicemente accolti, li ho osservati, ho lasciato che mi attraversassero in tutta la loro intensità e paradossalmente dall’altro lato, ho vissuto invece dei momenti di grandissima luce interiore, di grandissima gratitudine per ciò che stava accadendo, grande dolore, grande gratitudine, una sensazione di essere molto presente, in maniera molto intensa, nel miracolo della vita, non dare più niente per scontato, essere vicino, con solidarietà, a tutti gli esseri, anche agli animali.

Probabilmente ci voleva un periodo del genere, per tante persone, per riscoprire un senso di appartenenza collettiva, non ci hanno fermato, gli incendi in Australia, non ci ha fermato quando a bruciare era la foresta amazzonica, lo scioglimento dei ghiacciai, il dolore di milioni di animali macellati ogni giorno e questa piccola porzione di materia, di materiale genetico invece è riuscita nel miracolo di fermare l’umanità, per un periodo breve ma di fermarci.
Io ho accolto questo invito di madre natura di ascoltare i ritmi naturali, e ho deciso di fermarmi anche dentro, è stato un periodo di grande ascolto, di grande servizio, di grande pratica meditativa.

La mia vita era un viaggio costante, quando ho iniziato il periodo monastico laico, 27 anni fa ho ricevuto delle regole che sono cambiate poi nel tempo. Ce n’era una in particolare che mi ha colpito e che mi aveva sconvolto: non dormirai per più di tre notti nello stesso letto. Questa è una regola che non avevo accettato e che poi ho scontato nel tempo, quando ho iniziato a viaggiare davvero è stato così per lungo tempo, questo proprio per togliere quel senso di radici e di identità legato al luogo e invece riportarlo alla presenza, è il presente stesso che definisce te stesso, il senso di identità.

Credo che questo periodo sia stato importantissimo per tante persone se lo hanno vissuto con consapevolezza perché sono crollati rapidamente tutti i punti di riferimento esterni: quello sanitario, quello economico, quello politico, quello delle relazioni. Su tutti questi elementi esterni noi costruivamo il nostro senso di identità, sulla posizione sociale, quella relazionale, sono crollati tutti e non essendoci più appiglio è accaduto quello che si crea in un percorso coscienziale serio, in questo caso l’ha fatto la natura quindi ci siamo trovati avvantaggiati. L’ultimo a rimanere di solito è il senso di appartenenza alla propria terra, agli odori, c’è la sindrome da emigrazione, noi abbiamo fatto un bellissimo progetto con l’Antoniano, sui profughi siriani, abbiamo lavorato sui bambini che vengono sradicati dagli affetti, da relazioni di amicizia, da odori, da sapori, da abitudini alimentari, pensa non solo alla violenza psicologica che vivono durante il viaggio ma a questo grande stravolgimento. Se non viene contestualizzata questa esperienza correttamente crea degli scompensi molto gravi.

Così come molte persone hanno vissuto la solitudine in questo periodo, la solitudine può essere un elemento formativo pedagogico importante, pensa ai monaci, a chi la ricerca questa solitudine, a chi la trasforma in un’opportunità di ascolto oppure può essere vissuta come un trauma, quindi in questo periodo tantissime persone si sono rese conto di quanto è importante un lavoro interiore, chi aveva degli strumenti interiori sicuramente l’ha vissuto molto meglio.
Per me questo periodo è stato, allo stesso tempo una malattia e una guarigione.

Che cosa ci attende in questa fase 2, di ritorno alla “normalità”?

La mente di un essere umano comune è dipendente sulla previsione del futuro, dai calcoli, dalle proiezioni su ciò che accadrà, ed è crollato anche questo, nel senso che non potevano essere fatte delle previsioni, tutto il sistema economico si basa sulle previsioni. Siamo dei calcolatori del futuro che peraltro non esiste.

Ci siamo trovati costretti a vivere con più intensità il presente, che è quello che accade abitualmente nella mente di un meditatore, di una persona che fa un percorso di consapevolezza.

Io credo che la ricostruzione debba accadere partendo da pochi elementi che sono sicuramente una capacità differente di ascolto, una capacità differente di portarsi nel presente, ma poi soprattutto credo che l’aspetto più importante, i due pilastri della ricostruzione siano nella gratitudine, che vuol dire riconoscere cosa abbiamo, per esempio, in questo momento, la capacità di respirare, la possibilità di respirare, partire da questo senso di gratitudine dal riconoscere che abbiamo il dono della vita, e di non dare per scontato questo, non dare per scontato gli affetti, le amicizie, la vicinanza ripartire da un senso di gratitudine.
Il secondo elemento che possa fare la differenza in questo momento riguarda la consapevolezza della vita, non più distinta, non più fratturata, un nuovo senso di interconnessione, di interdipendenza secondo cui comprendiamo che dalla felicità, dal benessere altrui dipende anche la nostra felicità, il nostro benessere, la nostra vita. Gratitudine e interconnessione credo che siano i due valori di base per riuscire a riedificare un senso differente di identità, attraverso cui focalizzare i propri obbiettivi i propri progetti i propri disegni di vita. Poche cose, essenziali, io prima di fare progetti, chiederei alle persone di entrare in una condizione di gratitudine e di consapevolezza di interconnessione poi su questi due primi mattoni iniziali ricostruire un nuovo modo.

Davide Monguzzi

Redazione

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