Dal Fiore al frutto

Come in una lettera aperta, chiedo alle gestanti: care e luminose signore, perché praticare lo Yoga in gravidanza? È difficile pensare ad un altro periodo nella vita in cui darete un imprinting così diretto a vostro figlio!

La pratica dello Yoga in gravidanza aiuta anzitutto nell’accettazione della nuova condizione e di tutti i cambiamenti che essa comporta con serenità. Riconoscendoli, ne prendiamo coscienza e “li viviamo insieme”.

Questo processo, abbinato a una respirazione consapevole, apre la strada ad un’elaborazione sottile che dal di fuori ci porta dentro di noi. Tutti i sensi si acutizzano in gravidanza: l’olfatto, il tatto, l’udito, il gusto. Se ascoltati, essi parlano della presenza del bambino dentro di noi. Lavorando sull’energia femminile centripeta, dello stare, dell’ascolto, della sfera dell’interiorità si sviluppa il rapporto amorevole con il bambino, che cresce secondo i suoi tempi e i suoi modi.

Questo è uno degli obiettivi primari della pratica dello Haṭha Yoga in gravidanza. Oggi giorno, tutto va invece nella direzione opposta, dati gli impegni della vita quotidiana sempre più impellenti.
La data della nascita scandisce il tempo, comprimendolo nel vortice delle ‘cose da fare’.

Quante sono infine le occasioni per stare ‘dentro’, a continuo contatto con la nuova realtà? Il termine della gravidanza arriva spesso prima di quello che ci si aspetta, è necessario dunque cogliere durante la gravidanza questa opportunità, per elaborare il grande percorso del diventare genitori.

Il bisogno di maggiore riposo – soprattutto nel I e nel III trimestre – non è un capriccio, risponde invece all’esigenza di un profondo rispetto verso il bambino che si fa sentire, in coerenza con ahiṃsā, l’osservanza della non violenza. Anche il bisogno di rallentare e di farsi aiutare con il pancione enorme, che pesa, non è una debolezza, è anzi espressione di una grande forza interiore, perché avvicina la futura mamma alla realtà del neonato in arrivo, che è tutto un fascio di bisogni.

Quello della gravidanza non è dunque un tempo assoluto, in cui dare per scontato che tutto si comprende, si elabora e si assimila. D’altronde, le 40 settimane intere servono per prepararsi a diventare genitore. Questo non è evidente e spesso si confonde il parto come se fosse un punto di arrivo, mentre di fatto è solo l’inizio della genitorialità. È la paura del parto che diventa la motivazione a spingere le gestanti ad occuparsi di una preparazione.

In una prospettiva più profonda, il parto dura un tempo limitato e, idealmente, è un semplice passaggio da ‘dentro’ a ‘fuori’. L’intero periodo della gravidanza è quindi un tempo prezioso, che va usato al meglio. Per il resto della vita, si rimane infatti genitore di quell’essere lì che stava ‘dentro’. Quello che non è stato elaborato prima, si dovrà affrontare dopo, ma non si torna indietro.

Con l’avanzare della gravidanza, cambiano le prospettive interiori, e anche la circolazione delle gambe, la digestione, il peso della pancia e la postura si modificano. L’accettazione di tutti i cambiamenti è fondamentale e necessario. È un aprirsi a tutto ciò la posizione accovacciata in upadesāsana; mentre la flessibilità del bacino e la tonicità/rilassamento del perineo si affrontano in baddha konāsana, la ‘farfalla’. I nuovi equilibri psicofisici vanno trovati nella variante più semplice come tadāsana oppure in vrikshāsana ‘l’albero’, più impegnativa.

ECCO ALCUNE TESTIMONIANZE CHE RACCONTANO L’ESPERIENZA:

Fiamma ricorda Giulia: “l’ascolto, prendere il tempo e dare il giusto significato ad ogni dettaglio, che in una vita frettolosa avrebbe potuto passare invece inosservato… Tutti i detta- gli della gravidanza raccontano una storia di amore e di vita non banale ma straordinaria… aver vissuto con amorevole attenzione quei momenti… quando il respiro lento e consapevole ci riportava al momento presente, sentirsi tutt’uno con la creatura che era in noi. Il resto scompariva.”

Scrive Gioia della sua esperienza con Luca: “ “imparare il rispetto e l’osservazione consapevole verso il mio corpo in āsana era al tempo stesso rivolgere una carezza gentile al bambino che cresceva, muovendomi al suo ritmo, parlargli senza parole, ma respirando, ascoltando, palpitando in silenzio. (…) Lo yoga durante la maternità mi ha insegnato fin da allora proprio a rinascere sempre; il rito di meravigliarmi ogni volta, risvegliando in me la gratuità del sacro”.

Alla nascita è difficile non vivere l’evento come un ‘miracolo’, ma è proprio questo stesso sen- so di stupore e di sacralità che potrebbe essere esteso a tutta la propria vita secondo il principio di saṃtoṣa, l’appagamento. Lo Yoga in maternità diventa occasione di ‘messa a fuoco’ dello Yoga in generale.

Halina ricorda Nelson,: “confesso che lo Yoga mi ha dato quello che io volevo. Ho avuto un travaglio di otto ore meravigliose. Quello che ho più sfruttato di tutta la pratica imparata e assimilata è stato il rilassamento. Sentivo come un’ onda del mare che si avvicina e se ne va ad ogni doglia del mio travaglio… quando mio figlio da bambino era agitato o non riusciva a dormire poi, facevamo rilassamento insieme, erano momenti di intesa e benessere. Quando era più grande lui stesso mi chiedeva di fare il rilassamento… e l’intesa è rimasta sempre la stessa.”

Ilaria scrive di Leonardo: “ “il corso ha rappresentato per me un’esperienza speciale… mi ha fatto sentire e vivere con fiducia la naturalezza del parto, credere nella forza e nell’energia vitale che è nella mamma e nel bambino.”

Raffaella, madre di Leopoldo: “ “Lo yoga è la via per trasformare in energia ogni eventualità di dolore, raccoglie do e indirizzando verso orizzonti positivi la forza profonda che abita dentro di noi e che ci unisce al divino”.

È diventare strumento della vita che passa attraverso di noi, ma che non ci appartiene.

Silvia, madre di Sara: “ “lo yoga mi ha aiutato a vivere le mie emozioni e le mie sensazioni con consapevolezza, permettendomi di farle affiorare alla coscienza, senza giudicarle. Durante il travaglio il dolore delle contrazioni
e gli intervalli di tranquillità possono diventare una girandola infernale, in cui al dolore si somma la paura del dolore appena finito ma pronto a ripresentarsi. Se questo non è accaduto lo devo al tentativo di tornare a me stessa, cercando di concentrarmi solo sul respiro e sull’emozione positiva della vita che stava per nascere.”

La scoperta del valore della respirazione consapevole sul corpo e sulla mente facilita l’accoglienza dei mutamenti fisici, delle delicate esperienze emotive e della nuova dimensione spirituale.
Si affrontano sequenze in gravidanza per prevenire il mal di schiena, agevolare la mobilità del bacino/perineo, sviluppare la respirazione addominale e il pensiero positivo.
Si apprendono anche le posizioni, la respirazione e l’attitudine mentale adeguate a facilitare il parto e l’efficace recupero nel dopo parto.
Lo yoga in maternità diventa così uno ‘mezzo’ che rende al massimo le sue potenzialità, toccando ogni sfera dell’esistenza della donna, della coppia e del bambino. Mediante la pratica, si accoglie con fiducia l’essere ‘strumento’ al servizio (seva) del perpetuarsi della vita.

 

Barbara Woehler
Articolo tratto da “Vivere lo Yoga”

Redazione

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