Eccoci dentro al tran tran quotidiano. Scorriamo veloci seguendo la corrente generale che ci trascina a perdifiato nel vortice degli impegni. E’ fatta! La sindrome da rientro è superata, siamo perfettamente adattati e felicemente rassegnati. Evviva! Non dubitiamo più, non tentenniamo più. Eccoci di nuovo a regnare sul trono delle certezze e delle rassicurazioni, è online la nostra serie preferita: The confort zone! Assolviamo tutti compiti, svolgendo le mansioni assegnate con efficacia e responsabilità! Fantastico! Ma cosa succede se per caso o forse per sbaglio alziamo lo sguardo verso la sponda mentre scorriamo inesorabilmente nel fiume del così-fan-tutti? Ci potrebbe capitare di vedere il nostro sguardo attardarsi su qualcosa di insolito, allontanarsi su qualcosa di curioso, sospendersi sull’inaspettato, mentre la cervicale sta ancora compiendo il suo moto di rotazione su se stessa cerchiamo di afferrare o trattenere per qualche istante quella fugace distrazione. Ma siamo già oltre… e poi incappiamo forse in un tronco d’albero che scorre veloce come noi, ci aggrappiamo nel tentativo disperato di restare fermi per qualche secondo, ma è solo illusione perché tutto scorre inesorabilmente, ormai lo sanno tutti che panta rei, tutto scorre! Lo aveva intuito per primo Eraclito nel VI secolo a.C., “Non si può discendere due volte nel medesimo fiume”, noi scorriamo come acqua in un fiume e non siamo mai uguali a noi stessi, momento dopo momento. E allora perché la mente umana cerca sempre in qualche modo di illudersi che tutto possa essere ben fissato, stabile e strutturato? Infatti, immancabilmente, c’è sempre qualcosa che va storto, che esce dal tracciato stabilito, che devia dalla retta via, qualcosa che non abbiamo calcolato nonostante tutti i tentativi di controllo e di gestione dell’imprevisto, come mai? Quante volte ci è forse capitato di aver fatto una scelta con grande convinzione e poi all’improvviso accade qualcosa che ci trascina da tutt’altra parte facendoci sentire internamente inadeguati, instabili ed incoerenti. Ebbene si! Non c’è essere umano che, in quanto tale, non abbia provato almeno una volta questo tipo di esperienza! E qui i tentativi di rimediare sono molteplici e molto spesso dannosi, solitamente subentra un auto-giudizio categorico che crea un grande senso di colpa, quindi la persona si trova obbligata a continuare a seguire una strada che non sente più, solo per senso del dovere, iniziando a sviluppare tutta una serie di sintomi e disagi psico-fisici, oppure ecco che la persona decide di fare il grande salto di rotta sentendosi comunque i colpa per tutti i disagi che crea a chi gli sta intorno. Allora che fare? Sembrerebbe non esserci via di uscita…
E invece l’insegna in verde con la parola EXIT lampeggia dentro di noi da molto tempo, anzi da millenni, e ci suggerisce numerose vie di uscita, ma soprattutto vie possibili di vita! Tanto per cominciare sarebbe cosa giusta e buona introdurre nel nostro vocabolario un maggior uso della congiunzione ANCHE, che, come la parte anatomica del corpo, è fatta almeno di due possibilità, ma siamo solo all’inizio. Come è possibile pensare che qualcuno dentro di noi, che crede di essere l’unico, il solo e l’indiscutibile prenda delle decisioni arbitrariamente senza considerare l’opinione delle tante altre istanze presenti nella nostra psiche? Ormai incomincia ad essere evidente per tutti coloro che si occupano di scienze umane che l’interiorità di un individuo è costituita da tanti aspetti, frammenti e residui di vissuti ed esperienze passate, di talenti, passioni ed età diverse della vita. Duccio Demetrio, docente di filosofia dell’educazione e di Teorie e pratiche della narrazione, nel suo “Raccontarsi – L’autobiografia come cura di sé” dice:
Intrinseca alla vita della donna e dell’uomo è la necessità dell’adulterio psicologico, nei confronti di quell’Io dominatore che, pretendendo sempre di rappresentare la nostra coscienza, ha poi finito per confonderla con la “ragionevolezza, con il senso del dovere, con il pedante problema di esibire una coerenza di fronte al mondo e a se stessi.
Si pone a questo punto la necessità di accogliere la presenza di altri sé dentro di sé e di altri sé altri da sé, di dar loro il giusto riconoscimento e il giusto spazio e legittimità. Questo primo atto pone le basi per la nascita di un dialogo creativo tra le parti. Se si parte dal presupposto fondamentale che dentro di sé si è veramente in tanti, e ognuno ha le proprie esigenze, passioni e direzioni, è possibile compiere il primo atto veramente democratico della storia di sé stessi: ascoltarsi e prendere delle decisioni per il bene comune!
Ecco che la Drammaterapia, la disciplina che pratico e insegno da molti anni lavora su questi processi in modo molto ludico e leggero, innanzitutto ammettendo il principio fondamentale che dentro di noi si agita una compagnia teatrale intera! Dico agita, nel senso di AGIRE. Infatti la parola Drammaterapia deriva dal greco antico DRAO (compiere azioni) e THERAPEIA (avere cura e rispetto). Proprio per questo è importante avere cura e rispetto di tutti i personaggi che agiscono sul palcoscenico della nostra vita perché dal rispetto e dalla comprensione reciproca nasce una nuova armonia in cui i personaggi minori, finalmente ascoltati e valorizzati, sostengono i personaggi principali perché agiscano nell’interesse di tutta la rappresentazione.
Questo è il primo passo per liberarsi dalla gogna dell’auto-giudizio castrante, che impedisce gioire e di giocare al gran gioco della vita (in inglese to play significa sia giocare che recitare una parte) e per uscire a riveder le stelle! Ciò che ci opprime e angoscia è quel dito puntato verso noi stessi o verso gli altri con l’accusa di inadeguatezza, incoerenza o ipocrisia! Sarebbe molto più interessante rivolgerlo verso l’alto, verso il cielo, per indicare le stelle e le infinite possibilità del vivere, che sono tante… milioni di milioni! Se poi prendiamo in considerazione la parola ipocrisia, oggi un termine utilizzato in senso negativo, ci dovrebbe far riflettere, piuttosto, la sua profonda connessione con l’origine del teatro e della tragedia greca. L’atto simbolico della nascita della tragedia, ovvero del primo dialogo tra le parti, è quando dal coro si distacca un elemento, un singolo attore che inizia a dialogare col il resto, con la compagine unita. Questo elemento (o primo attore della storia del teatro) si chiama appunto Risponditore che in greco antico è l’Hypocrités. Alla radice della parola ipocrisia c’è un atto creativo molto importante: qualcuno inizia ad improvvisare, si distacca dal coro, prende le distanze e uscendo dalla fusione simbiotica trova la propria identità. Dal confronto si riconosce l’altro da sé e si dà origine all’azione scenica, al dramma, al movimento della vita.
La Drammaterapia attraverso i giochi espressivi, le improvvisazioni e le tecniche teatrali sostiene l’individuo nell’accoglienza di sé, delle tante sue parti interiori (personaggi) e ne favorisce il dialogo e la comunicazione portando a significativi miglioramenti nella vita quotidiana soprattutto nel rapporto con se stessi e nella relazione con gli altri.
Allora perché non lasciarsi andare e accettare che tutto scorre facendosi trasportare dal flusso, mantenendo uno sguardo attento e lucido sulla vita senza pretendere di dominare e controllare? Perché non aprire l’anima e il cuore all’accoglienza delle tante possibilità che la vita ci offre?
E’ autunno, una stagione speciale che ci aiuta proprio ad accogliere e raccogliere il cambiamento. La luce esterna ha incominciato il suo graduale ritiro ricordandoci l’importanza del raccoglimento. Raccogliere le nostre energie, raccogliere il calore e l’empatia, raccogliere le emozioni significative, raccogliere esperienze sensoriali a contatto con la natura al ritmo di una respirazione profonda e rigenerante.
PICCOLO RITUALE D’AUTUNNO:
Ovunque ci troviamo apriamo gli occhi e osserviamo con attenzione, forse un dettaglio, forse un particolare, forse un tono di voce, un oggetto trovato per strada, un indumento indossato da una persona sulla metro, un ciondolo indossato da una amica, la prima foglia gialla su un albero, un grazie inaspettato, un fiore sbocciato, un sogno stralunato, una battuta divertente, la smorfia irriverente di un bambino. Per oggi pensiamo a raccogliere l’attenzione perché sono i dettagli che fanno la differenza e ci aiutano ad aprire gli occhi su tutto ciò che di buono e sorprendente la vita può svelare.
Laura Mercadante
Drammaterapeuta SPID
Società Professionale Italiana Drammaterapia
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