Troppo cara la felicità per la mia ingenuità.
Continuo ad aspettarti nelle sere per elemosinare amore…“da Minuetto” – Mia Martini
Elemosinare l’amore significa chiedere qualcosa che non esiste, che è presente solo nella nostra mente.
Tutti abbiamo bisogno d’amore, che ci nutre e ci consente di affrontare in maniera accettabile le contraddizioni e le difficoltà della vita: un bambino ne ha bisogno quasi più che del cibo e, se nella prima fase della vita non ha avuto l’attenzione e l’amore di cui aveva bisogno difficilmente riuscirà a divenire un adulto integrato, capace, a sua volta, di amare: che non vuol dire solo prendere, ma anche e soprattutto dare a se stessi e agli altri in un rapporto disinteressato e alla pari.
Vi sono tante forme di amore e non tutte sono funzionali alla vita e al benessere, ne parliamo con la Dott.ssa Marisa Nigri psicoterapeuta.
– Nel rapporto madre-figlio, se non in casi di eccessiva possessività, è solo la madre che ama con tutta se stessa e desidera veramente fino in fondo il bene del bambino: l’amore del piccolo, che pure esiste, è tuttavia mescolato all’egoismo, alla pretesa e all’istinto di sopravvivenza; piano piano, pur tra tante contraddizioni, se tutto va bene, si trasformerà in un affetto più profondo, che prescinde dai propri bisogni e mira alla felicità dell’altro, un sentimento che non nasce da un bisogno infantile, ma dall’armonia della relazione, in cui il desiderio della felicità dell’altro è gratuito e reciproco. –
Questo in teoria: in pratica non tutti e non sempre riescono ad accedere alla forma adulta dell’amore, che, per essere tale, deve esprimersi in un rapporto alla pari, in cui dare e avere sono funzioni interconnesse e che non può certo essere gestito attraverso la modalità dell’elemosinare affetto.
– Se, nello sviluppo della persona, qualcosa (come spesso accade) non ha funzionato al meglio, si può cadere in una serie di tratti caratteriali che ci impediscono di accedere al vero amore: solo per fare qualche esempio, si manipola “per il bene dell’altro”, si dà per dovere, salvo a rinfacciare ciò che nessuno voleva, non si riesce a chiedere ma si pretende, si cade nel vittimismo.
Può accadere che, nell’infanzia, si sia vissuta una situazione di scarsa attenzione da parte delle figure primarie e si sia stati costretti a elemosinare affetto e attenzione, oppure che si sia appresa una certa modalità di richiesta da un genitore a sua volta problematico. E poiché in quella fase della vita la manifestazione d’amore è sopravvivenza, in mancanza di meglio, la si è utilmente adottata, stimolando i sensi di colpa nei confronti di un dovere inevaso. Ma, quando si diventa adulti, bisognerebbe uscire da questo tratto per costruirsi una modalità di rapporto più adeguata.
Se invece la condizione di bisogno e dipendenza persiste a un livello infantile, per avere l’amore degli altri si fa di tutto, persino si ricorre a modalità che ci squalificano ai loro occhi, come quella di elemosinare l’affetto; ovviamente, rapportandosi in maniera inadeguata per un adulto, non sempre si ottiene lo scopo, perché spesso si rinunzia a se stessi e a ciò che si è, dimenticando che l’amore, quello che ci fa uscire dalla sensazione di solitudine, o c’è o non c’è, nasce per definizione spontaneamente, a meno che non ci si accontenti di un simulacro, costruito su criteri di convenienza,
Certamente una delle forme più inadeguate della ricerca dell’amore a tutti i costi è quello di elemosinarlo: dando all’altro tutto ciò di cui non ha bisogno e che non ci chiede e mostrandosi deboli e bisognosi, all’inizio, può darsi che si riesca, creando sensi di colpa, ad avere risposte che sembrano affettive, ma, col tempo, arriverà puntualmente la delusione, il rifiuto, insieme alle sensazioni vittimistiche.
Il mendicante affettivo difficilmente viene amato, come è nei suoi desideri, perché l’altro sente che la sua strategia è di tipo manipolatorio e puntualmente finisce per rifiutarlo: innanzi tutto, elemosinando si getta sulla persona cui ci si rapporta tutta la responsabilità della relazione e proponendosi come il polo fragile e carente di essa, si esclude la situazione di parità che è il presupposto dell’amore sano e adulto. Ci si svaluta inutilmente ai propri e altrui occhi, perdendo la propria dignità, e ciò non può generare amore, ma, al massimo, pena. Nonostante l’apparenza, inoltre, si è aggressivi nei confronti della persona cui ci si rapporta, che non viene vista nei suoi bisogni e, magari, nelle sue fragilità, ma è trattata come un oggetto da plasmare, forte e non bisognosa per definizione, che giustamente, prima o poi si ribellerà. Elemosinando, dunque, si finisce per fare del male a se stesso e all’altro, cui si toglie la possibilità di dare spontaneamente, senza condizionamenti esterni (in altre parole, per amore) e che spesso, se si ritrae, rimane vittima di sensi di colpa. E il “mendicante” avrà solo la magra consolazione di sentirsi vittima dell’ennesimo “cattivo”. –
Gabriella Origano
Chi è la Dott.ssa Marisa Nigri
Nata a Napoli, dove tuttora risiede. Laureata in filosofia, insieme all’insegnamento, ha coltivato il suo interesse per la psicologia, frequentando vari corsi e una scuola riconosciuta di formazione alla psicoterapia. Divenuta psicologa e psicoterapeuta iscritta all’albo della regione Campania, lasciato l’insegnamento, ha intensificato questa attività nell’ambito corporeo-funzionale, come trainer individuale, di gruppo, come ricercatrice e come docente. Negli ultimi anni si sta dedicando alla rielaborazione e alla pubblicazione di vecchi scritti di carattere letterario che, tuttavia, mantengono l’impronta psicologica e possono essere considerati come divulgativi rispetto all’ambito che ha costituito il fulcro del suo interesse. Al momento, sono stati dati alle stampe “Tra psicoterapia e vita” (raccolta di racconti tenuti insieme dall’autobiografia e dal filo rosso della psicoterapia) e “Suggestioni di un intimo sound”, in cui i riferimenti al mondo delle discipline olistiche è un elemento fondamentale.
E’ possibile contattare la Dott.ssa Nigri scrivendo a: redazione@olisticnews.it
Pubblicazioni
Autunno dai mille colori: Ritrovarsi per ripartire
Una donna non più giovanissima, sposatasi precocemente con un ingombrante marito, rimane sola e in crisi. Attraverso un giro di traslochi a catena che ridisegnano la mappa abitativa dell’intera famiglia e il tentativo maldestro di ricostruirsi una vita sentimentale, recupera e rielabora le memorie apparentemente contraddittorie, ricostruendo il senso della propria identità autonoma e della personale storia.
Tra psicoterapia e vita
Un vissuto osservato dall’interno, essendo lei stessa psicoterapeuta, posizione privilegiata per analizzare se stessa e il suo passato. Della difficile infanzia, racconta i propri disagi, ma anche quelli dei suoi genitori e degli altri familiari, visti con l’occhio più comprensivo di chi ora sa guardare più a fondo. Un matrimonio affettivamente intenso ma faticoso continua a mettere alla prova l’esistenza di Marisa, così come antichi rancori in famiglia, tra cui uno in particolare che culmina addirittura in un intervento chirurgico tanto invasivo quanto non necessario.
Rimasta vedova, con i figli ormai grandi, Marisa, finalmente, riesce forse ad instaurare un rapporto sereno con se stessa.
Suggestioni di un intimo sound
Sullo sfondo, per quasi tutto il libro, un paese ai margini di una città media del sud, sempre bella, ma provinciale e sonnacchiosa all’inizio, in forte evoluzione poi, che cambia se stessa così come la protagonista, Teresa. La vicenda inizia “in medias res” e si snoda in un sovrapporsi di piani temporali, in cui la dimensione retrospettiva, onirica e mnestica allo stesso tempo, si mescola al presente in uno stato di coscienza talvolta alterato; ciò consente alla protagonista, accompagnata nel suo percorso dalla storia del suo rapporto coi suoni e la musica, di procedere, nell’intrigo inestricabile di caso e destino, a un’inevitabile verifica che le permetterà di riappropriarsi delle proprie scelte di vita.